Di imminente
pubblicazione
Francesco
Bindella
LA QUESTIONE BIBLICA DI UNA
«FONDAZIONE GIOVANNEA»
__________________________
UN POCO “OLTRE” NELLA CHIESA
Anteprima
Di imminente
pubblicazione, l’opera propone un ampio itinerario di ‘rivisitazione
ermeneutica’ della questione giovannea
sul testo biblico. Non certo nuova nel pensiero e nelle attese della cristianità
occidentale, la questione di una Fondazione
giovannea è qui affrontata dal punto di vista della sua fondamentazione biblica, nella verifica
rigorosa delle sue condizioni di possibilità e delle sue potenziali forme di
vitalità nella Ecclesia e nella
cultura contemporanea.
Benché limitatamente relativa alla prima parte dell’Opera,
la presente Introduzione sintetica è stata concepita per offrire le ragioni e
il senso dell’intero suo progetto.
1. La
consegna delle chiavi di Pietro
L’opera assume
come punto di partenza l’immagine centrale dell’affresco michelangiolesco del
Giudizio Universale che raffigura Pietro nell’atto di consegnare le chiavi al
Cristo della parusia, a significare la rimessa del mandato di pontificato
a compimento del ciclo storico e temporale della Chiesa.
Con lo sguardo
fisso sul Cristo, il gesto petrino di rimessa delle chiavi appare diretto,
passando sul capo dell’apostolo Giovanni, raffigurato in posizione sottostante.
E’ traendo
spunto da questa immagine che si pone l’interrogativo iniziale e programmatico:
si potrà dire che il gesto di Pietro, compiuto nella forma diretta ed esclusiva
con cui è rappresentato, trovi conferma
biblica? Sarà confermata, in tale
circostanza, una forma di presenza di Giovanni secondaria e quasi irrilevante?
Effettivamente,
il confronto biblico – nel caso, la finale del Vangelo dello stesso Giovanni -
sembra offrire un contributo ulteriore al riguardo, attestando sì la presenza
di Giovanni accanto a Pietro in una forma, tuttavia, ben più significativa di
quella supposta dalla scena michelangiolesca.
Secondo la narrazione del cap. 21, a chiamare in causa Giovanni
è lo stesso Pietro subito dopo la conferma solenne del suo ‘pontificato’ (Gv
21,15-17). Ciò nonostante, per una indefinita forma di attrazione, egli si
volge indietro ad osservare il «discepolo che li seguiva, quello stesso che
Gesù amava» (v. 20), manifestando interesse per il suo destino, tanto da osare
la domanda diretta: «Signore, di questo che ne sarà?». La domanda ottiene una
risposta, o piuttosto una ‘replica’, dura e immediata:
«Se io voglio che lui resti mentre io vengo,
a
te che importa? Tu seguimi!» (Gv 21,21-22).
Tradizionalmente
riconosciuti difficili all’interpretazione, i termini della ‘replica’ lasciano
comunque trasparire con sufficiente chiarezza l’allusione a quello che si
potrebbe dire un progetto giovanneo,
un ruolo giovanneo, enunciato in
rapporto alla parusia o secondo
avvento di Cristo.
Al tempo
stesso in cui è solennemente confermato il progetto
petrino: «Pasci le mie pecore…» (v.16),
a Pietro viene enunciato un altro
progetto da lui non previsto e del quale - indirettamente si deduce – egli non sarà messo a parte, nel richiamo al
limite e alla sufficienza dalla sua sequela
Christi: «A te che importa? Tu seguimi!».
Ancora, da
tali termini, sembra potersi percepire una forma
indefinita di successività, di ulteriorità di questo progetto giovanneo rispetto al progetto petrino, nella decisa
proiezione del primo in una prospettiva escatologica
connaturalmente relativa al venire (érchomai) di Cristo, di richiamo alla
categoria del Regno il cui kérigma, tipicamente cristologico, ha
attraversato e dominato tutto l’arco dei Vangeli.
Nei termini
del rapporto tra Regno e Chiesa, tradizionalmente fissati nella formula «già e
non ancora», la profezia del restare
di Giovanni in associazione al venire
di Cristo, sembra decisamente orientata in direzione del Regno, a superamento e
compimento del «non ancora» del tempo della Chiesa.
2. L’imposizione di nome nuovo, profezia e investitura
di fondazione
Questo aspetto
di ulteriorità del progetto
giovanneo, lasciato intendere per la fine
(«mentre io vengo»), può offrire un richiamo suggestivo a quel «poco oltre» con
cui i sinottici avevano situato, agli
inizi, la chiamata di Giovanni associato al fratello Giacomo: è «andando un poco oltre» che Gesù chiama i due
fratelli, dopo la chiamata di Pietro (Mc
1,18-19 e Mt 4,21). Ed è proprio in tale contesto - il contesto della chiamata - che affiora un elemento di
particolare interesse in rapporto alla questione ermeneutica sollevata, ossia, il mutamento di nome e il suo valore
significativo in ambito biblico.
La questione è
già stata trattata in altro contributo (> I° vol. della Collectio, La
Rivelazione del Nome divino sul roveto) e potrà essere
qui riformulata nel modo più semplice nell’enunciato secondo cui il mutamento di nome, ovvero l’imposizione di un nome nuovo ad un eletto
da parte di Dio in ambito biblico, è un evento profetico significativo di una
investitura di fondazione.
Come, agli
inizi del VT, i tre patriarchi Abramo, Isacco e Giacobbe sono costituiti fondatori dell’Antica Alleanza sulla
base significativa dell’imposizione di un
nome nuovo (alla nascita per Isacco), così, in forma analoga, il NT
presenta, agli inizi, una triade di
apostoli: Simone, Giacomo e Giovanni ai quali Gesù impone un nome nuovo. Al mutamento di nome di Simone in Pietro,
segue – con il medesimo il verbo (epitithemi)
e la medesima la forma verbale (epetheken)
- il mutamento di nome di Giovanni e Giacomo in Boanērgés: «Figli del tuono».
Che il mutamento di nome di Simone
in Pietro possa essere riguardato a
posteriori come evento profetico significativo
di una investitura di fondazione, questo trova indubbia conferma negli
oltre venti secoli di storia della fondazione
Ecclesia
Un senso di
incertezza maggiore potrà invece accompagnare la domanda da porsi quanto ai
fratelli Giovanni e Giacomo, «Figli del tuono». Davvero, quanto ad essi, potrà
sostenersi lo stesso argomento della profezia
e investitura di fondazione annesso all’imposizione del nome nuovo? E
ancora: conosce la storia una fondazione
posta sui due fratelli nel ruolo profetico di fondatori?
3. La fondazione su Giacomo
Una risposta
parziale potrà venire in tal caso dall’apostolo Giacomo, una risposta di conferma, al tempo stesso in cui è da
riconoscersi una tipologia ben differenziata rispetto alla fondazione petrina.
Trattasi di
una fondazione di gran lunga postuma rispetto
alla persona del suo fondatore, che prende avvio a circa otto secoli dalla sua
morte.
Il primo lume
della fondazione jacobea si accenderà
infatti nell’anno 820 nelle terre dell’’estremo occidente’ (la penisola
iberica) al seguito dell’invenzione del suo tumulo, segnalato – vuole la
tradizione – da una stella.
Di qui la
denominazione Campus Stellae e la
successiva Santiago (Giacomo) de
Compostela a designare quel centro ecumenico dell’occidente cristiano che,
con la sua incalzante crescita, non solo divenne il terzo grande riferimento
della cristianità dopo Roma e Gerusalemme, ma addirittura «superò Roma» - come
fu scritto - come centro di richiamo ecumenico e nella più frequente scansione
dei suoi anni giubilari.
Abbiamo dunque
conferma che, dopo Pietro, anche Giacomo, fratello di Giovanni, può essere
riconosciuto al pieno titolo di fondatore,
con una fondazione che - a oltre un millennio dalla sua nascita - continua a
perpetuarsi nella storia con rinnovata vitalità, dando così conferma storica all’argomento biblico
della fondazione sulla base
significativa e profetica del mutamento
di nome.
4. Una fondazione su Giovanni?
La questione
si ripropone a tal punto con Giovanni, valendo anche per lui la medesima
domanda: conosce forse la storia una fondazione
posta sul suo ‘nome’, una fondazione storicamente
visibile e riconoscibile e tale da potersi degnamente affiancare alla fondazione petrina e alla fondazione jacobea?
La risposta
non presenta difficoltà o incertezze essendo evidentemente negativa. E non meno
immediate e gravi possono apparire le conseguenze, ossia, la ‘messa in crisi’ radicale
dell’argomento sul valore di fondazione
annesso al mutamento di nome. Valido per la ‘triade di fondazione’
dell’Antica alleanza: Abramo, Isacco e Giacobbe; valido per Simone nel nuovo nome
Pietro e per il fratello Giacomo nel nuovo nome Boanērgés, l’argomento sembra cedere con Giovanni che
pur condivide con il fratello maggiore il medesimo nome nuovo.
Se da un lato
è da riconoscere - al momento attuale - lo stato
critico della questione, d’altro lato è da osservare che la questione di
una fondazione giovannea, nelle sue
eventuali e remote condizioni di possibilità, presenterebbe una nota di
singolare atipicità che non la allineerebbe, per questo, al carattere comune di
‘visibilità storica’ delle precedenti fondazioni.
Si tratta infatti della sua
chiara collocazione in diretto rapporto con la parusia o secondo avvento del
Cristo. La profezia di Gv 21,22 enuncia infatti un restare (meno) di
Giovanni in rapporto al venire (erchomai) di Cristo («Se voglio che lui
resti mentre io vengo, a te che importa?»).
Assumendo
dunque come referenziale questa stessa profezia cristologica, la forma di
presenza e di permanenza di Giovanni in essa
significata troverebbe il suo punto di innesto non già nell’arco storico
e temporale della Ecclesia, bensì in quella che potrà dirsi un’ora storica di raggiunta maturità per la Ecclesia e di avvio al
suo compimento ovvero al suo «porto escatologico» (Paolo VI).
Se questo il
punto di inserimento, allora potrà trovarsi ragione del fatto che in tutto
l’arco storico temporale della Ecclesia trascorso non si sia trovata traccia di
un progetto giovanneo e di una
conseguente fondazione.
Non si è
trovata traccia semplicemente perché non risulta essere questo il tempo e il
luogo dell’appuntamento della fondazione
giovannea con la storia, appuntamento posto non ‘in itinere’ bensì al compimento.
Se dunque,
anche con Giovanni, l’argomento del valore
di fondazione annesso al mutamento di nome non si può dire risulti
compromesso, d’altro lato è da ammettere che la fondazione giovannea, alle condizioni attuali, può solo essere
attestata ed enunciata come profezia
una volta riconosciuta la sua fondamentazione biblica, una profezia che i
‘segni dei tempi’ sembrano tutt’altro che sfavorire o allontanare, nel riconoscimento
della sua progettualità e provvidenzialità nel piano della historia salutis.
Indice
Introduzione
1. Michelangelo
e la consegna delle chiavi di Pietro
2. Una chiamata «un poco oltre»
3. Giovanni,
teologo dell’Io Sono accanto a
Pietro
4. Una «fondazione giovannea»?
Nota La
questione giovannea in Gioacchino da Fiore: un richiamo
PARTE I
TRACCE BIBLICHE
DI UNA FONDAZIONE GIACOMO-GIOVANNEA
SEZIONE I
L’IMPOSIZIONE DI NOME NUOVO
A SIMONE, GIACOMO E GIOVANNI
SIGNIFICATO
BIBLICO E CONSEGUENZE
NELL’ORDINE
DELLA ‘FONDAZIONE’
Capitolo I
CHIAMATA E MUTAMENTO DI NOME
§
1. La chiamata dei dodici e il
mutamento di nome
alla ‘triade’ Simone, Giacomo e Giovanni
§
2. L’imposizione di nome nuovo,
profezia e investitura di
fondazione
§ 3. I casi di mutamento di nome nell’AT
e la conferma al valore di ‘fondazione’
§ 4. I casi di mutamento di nome nel NT
e
la sfida all’argomento sul valore di ‘fondazione’
Capitolo II
LA ‘TRIADE’ PIETRO - GIACOMO - GIOVANNI
§ 1. «Comuni»
a. Testimoni della trasfigurazione e comuni
nell’adombramento
b. Testimoni della resurrezione della figlia del
capo della Sinagoga
c. Testimoni e confidenti dell’agonia nel
Getsemani
d. Suscitano il ‘discorso escatologico’
§ 2. Le «tre colonne»
§ 3. Successività della chiamata dei due fratelli in rapporto a Pietro
e
distinto valore significativo della rinuncia
Capitolo III
PIETRO E LE MEDIAZIONI DI GIOVANNI
§ 1. Pietro, testimone primario del ‘Cristo’,
testimone
secondario dell’Io Sono (Egō Eimi)
§ 2. Il disagio di Pietro
nella
manifestazione del Cristo-Io Sono
sulle acque
§ 3. La mediazione di Giovanni all’ultima cena
§ 4. La corsa al sepolcro
§ 5. La mediazione di Giovanni nel riconoscimento del Risorto-Io Sono
al
mare di Tiberiade
§ 6. L’excessum di
Pietro
§ 7. Giovanni a fianco di Pietro nel kérigma del Nome e dello Spirito
a. Nell’episodio della guarigione dello storpio
«nel Nome»
b. In rapporto
al «dono dello Spirito Santo»
SEZIONE II
IL NOME NUOVO «BOANÊRGÉS»
E IL SUO SIGNIFICATO BIBLICO
Capitolo IV
IL NOME NUOVO BOANÊRGÉS
§ 1. Lo stato d’empasse dell’esegesi
e
la comune proposta interpretativa
§ 2. L’analogia con la chiamata e mutamento
di nome di Simone
§ 3. I
punti d’appoggio dell’ordinaria proposta interpretativa
in
senso ‘caratteriale’
§ 4. Quadro complessivo dell’identità dei due fratelli
§ 5. Approccio alla questione interpretativa
§ 6. Sul concetto biblico di ‘tuono’
e il suo valore teofanico
§
7. Giovanni, teologo del tuono
a) Nel Vangelo
b) In Apocalisse: il tuono
dal trono
§ 8. L’associazione voce-tuono
e la dischiusura
di
significato del nome nuovo «Figli del tuono»
§
9. Prime indicazioni sulla natura
della fondazione
§ 10. Definizione di identità sul piano della potenza
§ 11. Definizione di identità sul piano metastorico
§ 12. ‘Assimilazione di spirito’ retrospettive:
Melchisedek,
Elia e David
Capitolo V
RICONSIDERAZIONE DEI TESTI
RELATIVI ALLA CHIAMATA DEL «FUOCO DAL CIELO»
E AL «SEDERE ALLA DESTRA E SINISTRA NEL
REGNO»
A. Il testo di Lc
9,51-55 relativo alla chiamata del «fuoco
dal cielo»
§ 1. L’«andare a
Gerusalemme»
§ 2. La chiamata del fuoco dal cielo
B. Il testo di Mt
20,20-23 e parall. Mc 10,35-40:
il «sedere alla destra e alla sinistra nel regno
/ nella gloria»
§ 3. La forza della richiesta
§ 4. L’oggetto della richiesta
§ 5. Il fondo davidico ed escatologico della richiesta
a)
Il fondo davidico
b)
Il fondo escatologico
§ 6. La risposta di Gesù
Sezione III
VERIFICA SUL PROGETTO DI UNA
FONDAZIONE GIACOMO-GIOVANNEA
A) LA FONDAZIONE SU
GIACOMO
Premessa
Capitolo VI
GIACOMO «FIGLIO DEL TUONO»
E LA
SUA FONDAZIONE POSTUMA
§ 1. Cenni biografici
§ 2. Il suo orientamento “ad occidente”
§ 3. La Stella
sul sepolcro e la nascita della città
§ 4. Il culto dell’apostolo
§ 5. Il «Cammino di Santiago», «Cammino delle Stelle»
§ 6. Conferma del ruolo di fondatore
per Giacomo Boanêrgés
§ 7. Giacomo, apostolo senza “parola”
§ 8. Giacomo, apostolo della “Voce”
e la risonanza postuma del «figlio del tuono»
§ 9. Ritrovamento di significato del nome nuovo Boanêrgés
§ 10. Tipologia pentecostale della fondazione jacobea
§ 11. Giacomo all’origine del “Pilar”.
§ 12. Il Pilar e «il
miracolo incomparabile»
§
13. Richiami conclusivi
Capitolo VII
GIACOMO E L’‘ALTRO GIACOMO’
§ 1. L’’altro Giacomo’, colonna
come Giovanni e accanto a lui
Nota su Giacomo e l’altro Giacomo
§ 2. Tratti significativi
§ 3. Il primato di Giacomo nella Chiesa primitiva
e
nella letteratura apocrifa
§ 4. Giacomo
e l’‘altro Giacomo’: gli accenti specifici di identità
in
rapporto al kérigma e alla fondazione
§ 5. L’‘altro Giacomo’ e Giovanni
B) LA FONDAZIONE
SU GIOVANNI
Premessa
Assenza storica di una
«Fondazione giovannea»
Capitolo VIII
GIOVANNI, L’‘AMATO’
§ 1. Giovanni, «fratello di Giacomo»
e ultimo della triade
§
2. Il discepolo amato
§
3. L’amato che «giace nel seno»
Excursus teologico
Giovanni teologo
dell’«Io Sono» e del «Sono Io»
Capitolo IX
GIOVANNI, TEOLOGO
DELL’«IO SONO»
§
1. La «manifestazione del Nome»
sintesi unificante della cristologia giovannea
A) L’Io Sono nel kérigma pre-pasquale
§
2. L’Io Sono attestante la natura divina
e inclusivo del mistero di morte-resurrezione
§ 3. L’Io Sono attestante l’identità messianica
§
4. Le identificazioni nell’Io Sono in forma predicativa
B) L’«Io Sono» nel kérigma post-pasquale
§
5. La manifestazione del Risorto-Io Sono
come «Colui che
E’»
§
6. Il Risorto-Io Sono ovvero «Il Vivente»
Capitolo X
GIOVANNI, TEOLOGO DEL «SONO IO»
§ 1. «Io Sono» (Egō Eimi) e «Sono Io»
(Eimi Egō):
una
distinzione basilare nella teologia giovannea
§ 2. I testi
§
3. La costante: «dove Sono
Io»
Capitolo XI
L’«ESSERE E RESTARE» GIOVANNEO
SUL PARADIGMA VT DEL “NOME
E MEMORIALE”
§ 1. L’«Essere-Restare» sul paradigma «Nome e Memoriale»
§
2. Il paradigma Essere – Restare
in contesto pneumatologico
§ 3. Il Restare
statico e le sue associazioni dinamiche
a) L’archetipo della Lucerna
b) Restare
ed Operare
§ 4. Riconsiderazione del paradigma
Capitolo XII
SUL PROGETTO
DI UNA
«FONDAZIONE GIOVANNEA»
prime
indicazioni
§
1. Il restare giovanneo e il progetto
conseguente
§ 2. Il restare di
Giovanni e il venire di Cristo
§ 3. Il paradigma venire-restare
§ 4. Il paradigma venire-restare
nella dinamica della folgore
§ 5. Assimilazione pneumatologica
della fondazione giovannea
PARTE II
IL FONDO
VETEROTESTAMENTARIO
E LA «PROMESSA
DAVIDICA»
Introduzione
Capitolo XIII
L’ALLEANZA E LA PROMESSA DAVIDICA
DALL’AT ALL’APOCALISSE
§ 1. Le remote origini dell’Alleanza davidica
§ 2. Nome,
elezione e profilo carismatico
§ 3. La Promessa messiaica della
perpetuazione della Casa davidica
§ 4. Alleanza eterna e perpetua sul fondamento
esemplare remoto
del
Nome e Memoriale
§ 5. Il «Giuramento di Jahwè», fondamento prossimo dell’Alleanza
e
Promessa davidica
§ 6. Il Giuramento di Jahwè
relativo
al carattere messianico della Promessa davidica
§ 7. David, ‘fondatore’ nel suo nome
§ 8. La profezia messianica sulla «Radice» davidica
a) Assimilazine pneumatologica
b) Gli attributi dello Spirito
che «resta»
§ 9. La questione del settimo attributo:
il
«restare» dello Spirito settenario
a) Il candelabro a sette bracci (menorah)
b) La settimana ebraica
§ 10. Dalla Radice al Germoglio:
il corso storico dell’eredità davidica
§
11. I «Figli dell’olio», eredi davidici e restauratori del tempio
§
12. Le due Pietre dei «Figli dell’olio»
a) Zorobabele e la «Pietra di testata»
b)
Giosuè e la Pietra
del Settenario
c) Considerazioni conclusive
§ 13. Il compimento della Promessa davidica in Cristo
e nell’oltre dell’Apocalisse
Capitolo XIV
LA «CITTÀ
DI DAVID»
E LA SUA CARATTERIZZAZIONE TEOLOGALE E MESSIANICA
§
1. David erede di Melchisedek e
della «sua Città»
§ 2. La «Città di David»
nella sua corrispondenza
con il «Presidio di Sion»
§ 3. La «Città di David»
nell’AT e il suo definirsi in rapporto all’Arca,
al Nome e
alla Promessa messianica
a)
In rapporto all’Arca
b) In rapporto al Nome
c) In rapporto alla Promessa messianica:
Città natale
del Messia
Capitolo XV
LA
«CITTÀ DI DAVID»
IN PROSPETTIVA
ESCATOLOGICA:
«CIVITAS DEI VIVENTIS»
§
1. La «Grande Madre» (Sal 87),
fondazione di rigenerazione
per
tutte le genti, segnatamente pagane
§ 2. «Città del Dio Vivente» e il tema della vivificazione
§ 3. La Città
posta sul fondamento della Pietra Angolare,
oggetto di mutamento di nome
Capitolo XVI
LA «CASA DI DAVID»
E LA PROMESSA DELLA SUA
PERPETUITÀ
§ 1. Il progetto davidico di edificazione della
«Casa
al Nome di Jahwè»
§ 2. L’inversione del progetto
e
la profezia sulla «Casa di David»
§
3. La risposta di David
e il richiamo all’Adam prototipico
§ 4. La
«Legge di Adam» nella sua
corrispondenza
con la Casa davidica (2 Sa)
§
5. L’«Adam che emana e ascende» (1 Cr)
e il riferimento all’immagine
della Lucerna
§ 6. La Lucerna , immagine della Casa davidica
§ 7. Salomone, edificatore della «Casa al
mio Nome»;
caduta del Regno e continuità
della ‘lucerna’
Capitolo XVII
NEI PROFETI MINORI
§ 1. La
profezia di Amos
§
2. La ripresa della profezia di
Amos da parte di Giacomo
§
3. La profezia di Zaccaria e Gioele
PARTE III
LA
PROMESSA DAVIDICA
ALLA
CONFLUENZA CON LA “FONDAZIONE GIOVANNEA”
E
FINALI ACCOSTAMENTI TRA PIETRO E GIOVANNI
Sezione Ia
LA
PROMESSA DAVIDICA
ALLA
CONFLUENZA CON LA “FONDAZIONE GIOVANNEA”
Capitolo
XVIII
DAVID E
GIOVANNI:
LE
‘ASSIMILAZIONI DI SPIRITO’
§ 1. I due ‘amati’ e
la comuni virtù pneumatologiche
§ 2. I
due teologi del Nome e del Regno
§ 3. Il tema comune della Casa, della
Dimora, del restare
§ 4. La
comune lungimiranza sul mistero di resurrezione
§
5. Il comune sguardo su
Gerusalemme,
quale città delle promesse
messianiche
Capitolo
XIX
DAVID, GIACOMO E L’‘ALTRO’ GIACOMO:
LE ‘ASSIMILAZIONI DI SPIRITO’
§1. David e Giacomo Boanêrgés,
§
2. David e l’‘altro’ Giacomo di
stirpe davidica
Conclusione
generale
sulla questione della Promessa davidica
nella
sua confluenza con la Fondazione giovannea
Sezione IIa
FINALI ACCOSTAMENTI TRA PIETRO E
GIOVANNI
Capitolo XX
CHIESA E REGNO,
PIETRA E ‘PIETRA ANGOLARE’
§ 1. David e Pietro, Regno e Chiesa:
una presenza e un’assenza in Apocalisse
§ 2. Assilmilazione
litica del fondatore:
Pietro - Pietra nella
fondazione della Ecclesia
§ 3. Pietra
e Pietra angolare quali
basi rispettive della
Fondazione petrina e giovannea
§
4. La Pietra angolare
‘edotta’ dalla stirpe davidica
§ 5. Le
distinte tipologie petrina e giovannea
§ 6. Chiesa
e Regno
in
rapporto alle rispettive ‘inimicizie’
Capitolo XXI
QUALE FONDAMENTO
PER UNA “FONDAZIONE GIOVANNEA”?
§ 1. Il fondamento degli «Apostoli
e Profeti»:
distinzione
e complementarietà delle due componenti
§ 2. Il fondamento profetico
§ 3. Il fondamento ‘apostolico’
§
4. Il fondamento cristologico-essenziale
della Pietra angolare
Capitolo XXII
GIOVANNI E LA SUA MEDIAZIONE
IN RAPPORTO ALLA CATHEDRA PETRI
§
1. «Simone dunque Pietro» (Gv 21,7) nella mediazione di Giovanni
§
2. «E’ il Signore» ovvero «il
Signore E’»
§
3. L’’‘ottica petrina’ e il supplemento dell’‘ottica
giovannea’
§ 4. Versioni
bibliche e fedeltà ai testi
§ 5. «Joannes ubi es?»
Quale forma di presenza accanto a Pietro?
§
6. Il debito di Pietro
e la necessaria complementarietà del carisma giovanneo
§
7. La Cattedra di Pietro e il
‘banco’ di Giovanni
Sezione
supplementare
Excursus N. 1
§
1. Il testo e le versioni
ordinarie
§ 2. Il «voglio» come volontà di adesione
§
3. Quale dono?
§
4. L’economia supposta dal «voglio»
§
5. Assimilazione
pneumatologica
§ 6. Il «Sono Io»
come dichiarazione di presenza
§ 7. «Dove Sono Io»: il
«seno del Padre»
e
il tema del reditus in sinu
§ 8. Il «dove Sono Io»
nel quadro di una teologia trinitaria,
luogo
teologico della ‘spirazione’ dello
Spirito
§
9. La finalizzazione
dell’assimilazione al «Sono Io»
a) «... Affinché
dove Sono Io essi pure Siano con
Me»
b) « ... affinché
vedano la gloria (quella) mia che mi hai dato …».
Excursus N. 2
SULLA CORRISPONDENZA DELLA «CITTÀ DI DAVID»
CON IL «PRESIDIO DI SION»: RIPRESA E SVILUPPI
§ 1. Preesistenza e origine del «Presidio di Sion»
in
richiamo a Melchisedek
§ 2. Sulla natura del «Presidio di Sion»
e le ragioni della sua corrispondenza con la «Città di David»
__________________________________________
Dall’ Introduzione
1. Michelangelo
e la consegna delle chiavi di Pietro
1. Nel celebre affresco del Giudizio Universale
della Cappella Sistina, Michelangelo raffigura Pietro nell’atto di consegnare
le chiavi al Cristo della parusia, a
significare la rimessa del mandato di pontificato a compimento del ciclo
storico e temporale della Chiesa.
Con lo sguardo
fisso sul Cristo, il gesto petrino di rimessa delle chiavi appare diretto,
passando al di sopra del capo dell’apostolo Giovanni, raffigurato in posizione
sottostante sul lato sinistro del Cristo, in forma simmetrica rispetto a Maria.
La scena
michelangiolesca potrebbe offrire lo spunto per una riflessione e una verifica
indubbiamente stimolante. Essa infatti potrebbe indurre la domanda se, sulla
base del confronto biblico, trova conferma il gesto di Pietro in quella forma
diretta ed esclusiva con cui è rappresentato, o ancora, se trova conferma, in
tale circostanza, una forma di presenza di Giovanni secondaria e in certo modo
‘subordinata’ quale è quella rappresentata nell’affresco.
Effettivamente,
il confronto biblico - nel caso, la finale del Vangelo dello stesso Giovanni -
sembra offrire un contributo ulteriore al riguardo, attestando la presenza di
Giovanni accanto a Pietro in una forma, tuttavia, ben più significativa di
quella supposta dalla scena michelangiolesca.
Secondo
la narrazione, a chiamare in causa Giovanni, è lo stesso Pietro subito dopo la
conferma solenne del suo pontificato (Gv 21,15-17). Ciò nonostante, per una
indefinita forma di attrazione, egli si volge indietro ad osservare il «discepolo
che li seguiva, quello stesso che Gesù amava» (v. 20), manifestando interesse
per il suo destino, tanto da osare la domanda diretta: «Signore, di questo che
ne sarà?» (Gv 21,21). La domanda ottiene una risposta, o piuttosto una ‘replica’,
dura e immediata:
!Ea;
aujto; qevlw mevei e{w" e[rcomai,
tiv
pro;" sev_ suv moi ajkolouvqei.
«Se
io voglio che lui resti mentre io vengo,
a
te che importa? Tu seguimi!» (Gv 21,22).
Tradizionalmente
riconosciuti difficili all’interpretazione, i termini di tale risposta lasciano
comunque trasparire con sufficiente chiarezza l’allusione a quello che si
potrebbe dire un progetto giovanneo,
un ruolo giovanneo enunciato in
rapporto alla parusia o secondo avvento
di Cristo.
Al tempo
stesso in cui è solennemente confermato il progetto
petrino: «Pasci le mie pecore…» (v.16),
a Pietro viene indirettamente enunciato un altro
progetto a lui sconosciuto e rispetto
al quale la dura replica di Cristo lascia intendere che egli non sarà messo a parte, nel richiamo al
limite e alla sufficienza dalla sua sequela:
«A te che importa? Tu seguimi!».
Ancora, da
tali termini, sembra potersi percepire una forma
indefinita di successività, di ulteriorità di questo progetto giovanneo rispetto al progetto petrino, nella decisa
proiezione del primo in una prospettiva escatologica
connaturalmente relativa al venire (érchomai) di Cristo, di richiamo alla
categoria del Regno il cui kérigma, rigorosamente cristologico, ha
attraversato e dominato tutto l’arco dei Vangeli.
Nei termini
del rapporto tra Regno e Chiesa, tradizionalmente fissati nella formula «già e
non ancora», la profezia del restare
di Giovanni in associazione al venire
di Cristo, sembra decisamente orientata in direzione del Regno, a superamento e
compimento del «non ancora» del tempo della Chiesa.
2. Una chiamata
«un poco oltre»
Per una
risposta tanto dura da parte di Gesù, si dovrebbe supporre che la domanda di
Pietro sia mossa, all’origine, non proprio da un sentimento disinteressato,
quanto piuttosto da una sorta di curiosità mista a un velato sentimento di
gelosia. In tal senso si rivelerebbe pure una forma di lungimiranza di Pietro, nell’avvertenza indistinta di una forma di
successività di Giovanni, di un suo possibile oltre; un oltre che
diviene limite alla sua comprensione e che la risposta di Gesù viene
implicitamente a confermare
Questo aspetto
di ulteriorità del progetto
giovanneo, lasciato intendere per la fine
(«mentre io vengo»), può offrire un richiamo suggestivo, in forma di
‘inclusione’, a quel «poco oltre» con cui i sinottici avevano situato, agli inizi, la chiamata di Giovanni associato
al fratello Giacomo.
E’ proprio
così - «un poco oltre» - che Marco e Matteo situano la
chiamata dei fratelli Giacomo e Giovanni rispetto alla chiamata di Pietro:
«…
E andando un poco oltre (proba;"
ojlivgo),
vide
Giacomo di Zebedeo e Giovanni suo fratello
...
e subito li chiamò» (Mc 1,18-19 e par. di Mt 4,21).
Una lettura
ermeneutica in senso meramente spaziale, corrispondente al dire ‘alcuni metri
più in là’ risulterebbe, effettivamente, di remissiva povertà. Nella questione
interpretativa, il dato significativo - o anche semplicemente suggestivo -
sembra piuttosto essere rappresentato dalla situazione
della chiamata dei due fratelli, ulteriore rispetto alla chiamata di
Simone, cosa non priva di conseguenze ermeneutiche, come in seguito sarà dato
considerare.
3. Giovanni,
teologo dell’Io Sono accanto a
Pietro
Tradizionalmente
associato all’immagine dell’aquila per la lungimiranza e la profondità dello
sguardo, Giovanni si confermerà, in tutto l’arco dei suoi scritti, nella sua
vocazione pneumatologica ed escatologica: la prima, per la profonda
capacità di penetrazione nel mistero, in assimilazione allo Spirito che «tutto
penetra, anche le profondità di Dio» (1 Cor 2,10), la seconda, per la vocazione
e missione specifica di testimone delle cose
ultime, come autore dell’Apocalisse.
Ma già nei
Vangeli e nelle lettere, tale vocazione si manifesta in rapporto ad un
particolare ed esclusivo riferimento teologale: l’«Io Sono».
«L’Io Sono», scriveva negli anni 60
l’allora professor Joseph Ratzinger, «rappresenta la formula centrale della Cristologia
giovannea». Dei quattro evangelisti, Giovanni è per eccellenza il teologo
dell’«Io Sono» (!Egwv
Eijmi) e non meno - come si
vedrà - del «Sono Io» (Eijmi!Egwv),
nella distinta pregnanza teologica delle due formule, esclusiva del suo Vangelo
e debolmente avvertita dalla tradizione ermeneutica in genere.
Come sarà dato
considerare, l’ottica lungimirante di Giovanni accompagna Pietro offrendo a lui
provvida mediazione e complementarietà in ciò che concerne l’intelligenza relativa
all’ordine pneumatologico ed escatologico; una complementarietà che potrà
giustificarsi e ricondursi all’ordine
proprio dei carismi nella comune chiamata alla sequela e alla comune imposizione
di nome nuovo.
4. Una
«fondazione giovannea»?
Nell’accostamento
finale tra Pietro e Giovanni (Gv 21,22) sembrano chiaramente emergere due distinte vocazioni, due investiture e
due mandati conseguenti: il pascere di Pietro, il restare di Giovanni, la vocazione pastorale di Pietro, la vocazione pneumatologica ed escatologica di Giovanni, una distinzione questa che troverebbe
ragione nella proiezione della Chiesa nell’orizzonte del Regno e che si
porrebbe nell’ordine della complementarietà
e del progresso del progetto salvifico.
Quanto alla
profezia su Giovanni, oggetto della replica di Cristo a Pietro, con aderenza al
testo greco, essa alluderebbe a una concomitanza
tra il restare di Giovanni e il venire di Cristo: «Se io voglio che lui
resti mentre io vengo …». E’ chiaro che un riferimento alla persona storica di
Giovanni non troverebbe senso, avendo egli concluso il suo ciclo mortale tra il
98 e il 117 (sotto l’Imperatore Traiano). Se non relativa alla sua persona, la
profezia di un restare (menō) di Giovanni potrà sostenersi nel
riferimento implicito a un progetto giovanneo nel quale si esprima una
continuità del carisma giovanneo, così
come il venir meno della persona storica di Pietro non ha tolto continuità al carisma petrino e al suo progetto.
Se così fosse,
inevitabili affiorerebbero e si affollerebbero le domande: c’è, nel piano
provvidenziale della historia salutis,
un carisma di fondazione per Giovanni
che, nell’ora opportuna del tempo della Chiesa, possa ad essa
rendersi presente accompagnando e sostenendo Pietro nel suo orientamento verso
il suo «porto escatologico»?
Vi sarebbero
argomenti e ragioni di una fondamentazione
giovannea nella Chiesa accanto alla fondamentazione
petrina, tanto da osare la distinzione a sostegno del bene della complementarietà?
Vi sarebbero
ragioni, quindi, di una visibilità della
componente giovannea e di una sua istituzionalizzazione,
oltre l’assorbimento entro la componente petrina, nell’unica e indifferenziata visibilità di quest’ultima?
Posta la collocazione
del progetto giovanneo in diretto
rapporto con la parusia, sarebbe
prevedibile una interposizione di questo tra il compimento del mandato petrino e l’avvento della parusia?
Saranno questi alcuni degli interrogativi di fondo che la
presente opera si propone di affrontare in un itinerario di riflessione che si
porrà su di una linea di continuità e sviluppo rispetto alle nostre opere
precedenti.
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