Francesco
Bindella
Il FONDAMENTO DEL NOME,
Fondazione di Pneumatologia
Esposizione sintetica
Collectio «Praesidium
Assisiense» N. 4 (cm. 23,5 X 17);
Assisi 1998; pp. 77, € 10
Sintesi
Il volumetto rappresenta un’esposizione
sintetica e semplificata della «La
rivelazione del Nome divino ‘sul roveto’», comprensiva pure di alcuni
spunti tratti da «La Pentecoste» e di
alcuni cenni ulteriori di sviluppo delle medesime tematiche. Tale redazione
rappresenta una forma di risposta a quei lettori che, con benevola
sollecitazione, avevano da tempo auspicato come particolarmente opportuna una
redazione più semplice e scorrevole e tale da rendere accessibile i contenuti
delle opere suddette ad un pubblico più vasto di lettori.
Nello sforzo di sintesi e di
‘essenzializzazione’, una particolare attenzione si è cercato di rivolgere
all’itinerario logico e al suo sviluppo che, per quanto possibile, si è cercato
di rendere chiaro, ordinato e scorrevole nella scansione e degli argomenti e
delle argomentazioni. Nella sezione finale si evidenzia il valore di fondamento
del Nome in rapporto alla Pneumatologia, disciplina teologica di emergente
attualità.
Indice
PREFAZIONE
Capitolo
I°
LA RIVELAZIONE DEL NOME DIVINO ‘SUL ROVETO’
Stato generale della
questione
§ 1. Il Nome in ambito biblico
§ 2. Il Nome rivelato
§ 3. La domanda di Nome rivolta ad «’Elohîm»
§ 4. L’interpretazione del Nome nella tradizione
§ 5. Le principali proposte interpretative
§ 6. Interpretazione cristologica?
§ 7. Lo stato di impasse
dell’esegesi nell’ordinaria
assimilazione di ‘Ehjeh ’Ašer ‘Ehjeh a Jhwh
§
8. Sul necessario discernimento tra
‘Ehjeh ’Ašer ‘Ehjeh e Jhwh
a) Il Nome rivelato in prima
persona
Excursus: La conoscenza ‘nel
Nome’
b) Il rilievo di una struttura soggiacente
all’espressione del Nome
§ 9. Premesse alla lettura interpretativa proposta
a)
«Udire e vedere»: una costante
nell’esperienza teofanica biblica
b)
Il concetto di ‘Voce’ riespressivo
del Nome
c) La struttura formale dell’espressione ‘Ehjeh ’Ašer ‘Ehjeh
Capitolo II°
LA LETTURA INTERPRETATIVA PROPOSTA
§ 1. I termini propri
§ 2. Sul concetto di Voce e di Eco di Voce
§
3. La Voce e il medium di risonanza
§
4. Il Nome divino ‘sul roveto’
rivelato
fondamento
al mistero di morte-resurrezione
§ 5. ‘Ehjeh ’Ašer ‘Ehjeh in
rapporto ai termini del Mistero Trinitario
Capitolo III°
GESÙ NELLA SUA IDENTIFICAZIONE NELL’«IO
SONO»
Premessa
§ 1. Oltre
il nome «Gesù»
§ 2. Gesù ‘esegeta’ del
Nome
a) L’Io Sono nel kerigma pre-pasquale
§ 3. L’Io Sono
attestante la natura divina e inclusivo del mistero di morte-resurrezione
§ 4. L’Io Sono -
Verbo
§ 5. Le identificazioni di Gesù nell’Io Sono in forma predicativa
§ 6. I Pseudocristi e la loro pretesa identificazione nel Nome
b) L’Io Sono nel kerigma post-pasquale
§ 7. Il Risorto-Io Sono ovvero «Il
Vivente»
§ 8. Le manifestazioni del Risorto-Io
Sono
come «Colui che E’»
Capitolo IV°
LA PNEUMATOLOGIA SUL FONDAMENTO DEL NOME
E DELLA VOCE
§ 1. «Lo Spirito mandato nel
Nome»
§ 2. La Pentecoste, manifestazione della Voce
§ 3. La prerogativa ecumenica della Voce
§ 4. La resurrezione in rapporto alla Voce
§ 5. Dalla Croce alla Voce
sul fondamento della «Pietra del Nome»
Dall’
Introduzione
1. Nella comune fede ebraica e cristiana e pure
islamica, la rivelazione del Nome divino «‘Ehjeh ’Ašer ‘Ehjeh» = «Io
Sono Colui che Sono» nella teofania del ‘roveto ardente’,
rappresenta in tutto l’arco dell’Antico Testamento il grado supremo di
rivelazione che il Dio d’Israele abbia partecipato all’uomo. Pure, dei vari
nomi divini veterotestamentari: ’Elohîm,
Jhwh, El Shadday, ecc., esso è l’unico che sia stato oggetto di una rivelazione specifica né, in tutto
l’arco della Scrittura, mai più esso ricorrerà in tale sua completa
formulazione.
Quale premessa doverosa e
imprescindibile al riguardo, sarà opportuno richiamare la particolare
importanza significativa che il nome presentava nell’ambito della cultura
ebraica e quindi nell’uso biblico. Assai più che un appellativo convenzionale
linguistico, esso era considerato come espressivo dell’intima essenza della persona (o cosa) designata, sì che in buona
misura poteva ritenersi valido il detto: «Dimmi
come ti chiami e ti dirò chi sei».
(Un esempio emblematico, comunemente
addotto, è quello di Nabal che
significa ‘stolto’: «Nabal è il suo nome - annota 1 Sam 25,25
- e stoltezza (nebalah) è con lui»).
Sin dall’inizio del testo biblico i nomi personali
presentano un significato essenziale, sono
cioè espressivi dell’intima natura della persona designata e del particolare
ruolo da essa svolto nel quadro della historia
salutis (così Eva: Gn 3,20; Caino: Gn 4,1; Noè: Gn 5,29; la città di
Babele: Gn 11,9 ecc.).
Vi sono inoltre alcuni casi in cui Jhwh stesso interviene per cambiare il nome ad un eletto: è il caso
di Abramo (da ‘Abram a ‘Abraham: Gn 17,5), Sara (da Saray a Sarah: Gn 17,15) e di Giacobbe (da Ya’aqob a Yisra’el: Gn
32,28), mentre per Isacco si dà l’imposizione
di nome alla nascita (Yitschaq:
Gn 17,19).
Vi è inoltre il caso, unico, del mutamento di nome ad una città: Gerusalemme in prospettiva
escatologica (Is 1,26; 62,2; Zac 8,3) e che, in rapporto ad Abramo, Isacco e
Giacobbe, sarà detta «preparata da Dio
per loro» (Eb 11,6) quale oggetto di loro eredità, ad essi accomunata nel
dono di un nome nuovo.
Il mutamento di nome ad un uomo da parte di Dio nella Scrittura è, ad
un tempo, profezia e investitura di fondazione per la quale l’eletto è
costituito fondatore e capo in senso organico: fondatore di una istituzione di origine
divina destinata a penetrare e a perpetuarsi nella storia elevandola a ‘storia
della salvezza’; capo, nel senso che
tale diretta iniziativa divina impone un ordine salvifico organico per il quale l’eletto diviene luogo di incorporazione per le moltitudini.
In conseguenza dell’evento di ‘nominazione’ ovvero del dono del nome nuovo da parte di Jhwh ad Abramo (‘uno’ con Sara > Is 51,2; Eb 11,12), Isacco e Giacobbe, questi
verranno a costituire (quella che abbiamo definito) la triade di fondazione dell’alleanza, luogo eletto di incorporazione per le moltitudini che da
essi sarebbero discese. In rapporto ad essi, costituiti nella nuova identità e
dignità rappresentata dal dono del nome nuovo, «Dio - soggiungerà arditamente
l’Epistola agli Ebrei - non si vergogna di essere chiamato ‘loro Dio’» (Eb 11,16).
2.
La questione del Nome in ambito biblico tocca il suo vertice quando -
secondo la narrazione del Cap. 3° di Esodo - Dio stesso, nella teofania del ‘roveto
ardente’, rivela il suo Nome:
- Es 3,13-15:
13«E disse Mosè ad ’Elohîm:
Ecco, io andrò dai figli di
Israele e dirò a loro:
’Elohîm dei vostri padri ha mandato me a voi.
E mi diranno: Quale è il suo
Nome?
Che cosa dirò a loro?
14 E disse ’Elohîm
a Mosè:
“Io
Sono Colui che Sono”.
E disse: Così dirai ai figli
d’Israele:
“Sono”
ha mandato me a
voi.
15 E disse ancora ’Elohîm a Mosè:
Così dirai ai figli
d’Israele:
Jhwh
-’Elohîm dei padri vostri,
’Elohîm di Abramo, ’Elohîm
di Isacco, ’Elohîm di
Giacobbe,
ha mandato me a voi.
Questo (è) il Nome mio in eterno
e questo (è) il Memoriale mio di generazione in
generazione».
Nel testo ebraico il Nome rivelato
si formula in tre semplici parole:
hy<h]a,
rv,a} hy<h]a,
‘Ehjeh ’Ašer
‘Ehjeh
che
potrebbero essere rese fedelmente, in forma letterale, nella versione latina:
Sum Qui
Sum
Nell’immediato seguito del versetto,
il medesimo Nome viene riespresso in forma ridotta: «Sono» (‘Ehjeh) ovvero
«Io Sono»: «(Io) Sono ha mandato
me a voi». E’ data quindi corrispondenza
tra «Io Sono Colui che Sono» e «Io Sono» semplicemente. Sulla base di tali termini un senso di
stupore potrà essere del tutto legittimo: il più alto grado della sacralità
biblica, il più alto contenuto teologico oggetto di rivelazione: il Nome di Dio, è qui riportato e racchiuso
nella più povera ed elementare delle
espressioni del linguaggio umano: Io
Sono!
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