martedì 17 marzo 2015

V - Publicações da Associação IL Presidio - Centro Studi


Di imminente pubblicazione


Francesco Bindella



LA QUESTIONE BIBLICA DI UNA

«FONDAZIONE GIOVANNEA»
__________________________

UN POCO “OLTRE” NELLA CHIESA


 Collectio «Praesidium Assisiense» N. 5; pp. 335.


 Anteprima

Di imminente pubblicazione, l’opera propone un ampio itinerario di ‘rivisitazione ermeneutica’ della questione giovannea sul testo biblico. Non certo nuova nel pensiero e nelle attese della cristianità occidentale, la questione di una Fondazione giovannea è qui affrontata dal punto di vista della sua fondamentazione biblica, nella verifica rigorosa delle sue condizioni di possibilità e delle sue potenziali forme di vitalità nella Ecclesia e nella cultura contemporanea.
Benché limitatamente relativa alla prima parte dell’Opera, la presente Introduzione sintetica è stata concepita per offrire le ragioni e il senso dell’intero suo progetto.
   
1.   La consegna delle chiavi di Pietro

L’opera assume come punto di partenza l’immagine centrale dell’affresco michelangiolesco del Giudizio Universale che raffigura Pietro nell’atto di consegnare le chiavi al Cristo della parusia, a significare la rimessa del mandato di pontificato a compimento del ciclo storico e temporale della Chiesa.
Con lo sguardo fisso sul Cristo, il gesto petrino di rimessa delle chiavi appare diretto, passando sul capo dell’apostolo Giovanni, raffigurato in posizione sottostante.
E’ traendo spunto da questa immagine che si pone l’interrogativo iniziale e programmatico: si potrà dire che il gesto di Pietro, compiuto nella forma diretta ed esclusiva con cui è rappresentato, trovi conferma biblica?  Sarà confermata, in tale circostanza, una forma di presenza di Giovanni secondaria e quasi irrilevante?
Effettivamente, il confronto biblico – nel caso, la finale del Vangelo dello stesso Giovanni - sembra offrire un contributo ulteriore al riguardo, attestando sì la presenza di Giovanni accanto a Pietro in una forma, tuttavia, ben più significativa di quella supposta dalla scena michelangiolesca.
Secondo la narrazione del cap. 21, a chiamare in causa Giovanni è lo stesso Pietro subito dopo la conferma solenne del suo ‘pontificato’ (Gv 21,15-17). Ciò nonostante, per una indefinita forma di attrazione, egli si volge indietro ad osservare il «discepolo che li seguiva, quello stesso che Gesù amava» (v. 20), manifestando interesse per il suo destino, tanto da osare la domanda diretta: «Signore, di questo che ne sarà?». La domanda ottiene una risposta, o piuttosto una ‘replica’, dura e immediata:

«Se io voglio che lui resti mentre io vengo,
a te che importa? Tu seguimi!» (Gv 21,21-22). 

Tradizionalmente riconosciuti difficili all’interpretazione, i termini della ‘replica’ lasciano comunque trasparire con sufficiente chiarezza l’allusione a quello che si potrebbe dire un progetto giovanneo, un ruolo giovanneo, enunciato in rapporto alla parusia o secondo avvento di Cristo.
Al tempo stesso in cui è solennemente confermato il progetto petrino: «Pasci le mie pecore…» (v.16), a Pietro viene enunciato un altro progetto da lui non previsto e del quale - indirettamente si deduce – egli non sarà messo a parte, nel richiamo al limite e alla sufficienza dalla sua sequela Christi: «A te che importa? Tu seguimi!».
Ancora, da tali termini, sembra potersi percepire una forma indefinita di successività, di ulteriorità di questo progetto giovanneo rispetto al progetto petrino, nella decisa proiezione del primo in una prospettiva escatologica connaturalmente relativa al venire (érchomai) di Cristo, di richiamo alla categoria del Regno il cui kérigma, tipicamente cristologico, ha attraversato e dominato tutto l’arco dei Vangeli.
Nei termini del rapporto tra Regno e Chiesa, tradizionalmente fissati nella formula «già e non ancora», la profezia del restare di Giovanni in associazione al venire di Cristo, sembra decisamente orientata in direzione del Regno, a superamento e compimento del «non ancora» del tempo della Chiesa.

2.         L’imposizione di nome nuovo, profezia e investitura di fondazione

Questo aspetto di ulteriorità del progetto giovanneo, lasciato intendere per la fine («mentre io vengo»), può offrire un richiamo suggestivo a quel «poco oltre» con cui i sinottici avevano situato, agli inizi, la chiamata di Giovanni associato al fratello Giacomo: è «andando un poco oltre» che Gesù chiama i due fratelli, dopo la chiamata di Pietro (Mc 1,18-19 e Mt 4,21). Ed è proprio in tale contesto - il contesto della chiamata - che affiora un elemento di particolare interesse in rapporto alla questione ermeneutica sollevata, ossia, il mutamento di nome e il suo valore significativo in ambito biblico.
La questione è già stata trattata in altro contributo (> I° vol. della Collectio, La Rivelazione del Nome divino sul roveto) e potrà essere qui riformulata nel modo più semplice nell’enunciato secondo cui il mutamento di nome, ovvero l’imposizione di un nome nuovo ad un eletto da parte di Dio in ambito biblico, è un evento profetico significativo di una investitura di fondazione.
Come, agli inizi del VT, i tre patriarchi Abramo, Isacco e Giacobbe sono costituiti fondatori dell’Antica Alleanza sulla base significativa dell’imposizione di un nome nuovo (alla nascita per Isacco), così, in forma analoga, il NT presenta, agli inizi, una triade di apostoli: Simone, Giacomo e Giovanni ai quali Gesù impone un nome nuovo. Al mutamento di nome di Simone in Pietro, segue – con il medesimo il verbo (epitithemi) e la medesima la forma verbale (epetheken) - il mutamento di nome di Giovanni e Giacomo in Boanērgés: «Figli del tuono».
Che il mutamento di nome di Simone in Pietro possa essere riguardato a posteriori come evento profetico significativo di una investitura di fondazione, questo trova indubbia conferma negli oltre venti secoli di storia della fondazione Ecclesia
Un senso di incertezza maggiore potrà invece accompagnare la domanda da porsi quanto ai fratelli Giovanni e Giacomo, «Figli del tuono». Davvero, quanto ad essi, potrà sostenersi lo stesso argomento della profezia e investitura di fondazione annesso all’imposizione del nome nuovo? E ancora: conosce la storia una fondazione posta sui due fratelli nel ruolo profetico di fondatori?

3.         La fondazione su Giacomo
Una risposta parziale potrà venire in tal caso dall’apostolo Giacomo, una risposta di conferma, al tempo stesso in cui è da riconoscersi una tipologia ben differenziata rispetto alla fondazione petrina.
Trattasi di una fondazione di gran lunga postuma rispetto alla persona del suo fondatore, che prende avvio a circa otto secoli dalla sua morte.
Il primo lume della fondazione jacobea si accenderà infatti nell’anno 820 nelle terre dell’’estremo occidente’ (la penisola iberica) al seguito dell’invenzione del suo tumulo, segnalato – vuole la tradizione – da una stella. 
Di qui la denominazione Campus Stellae e la successiva Santiago (Giacomo) de Compostela a designare quel centro ecumenico dell’occidente cristiano che, con la sua incalzante crescita, non solo divenne il terzo grande riferimento della cristianità dopo Roma e Gerusalemme, ma addirittura «superò Roma» - come fu scritto - come centro di richiamo ecumenico e nella più frequente scansione dei suoi anni giubilari.
Abbiamo dunque conferma che, dopo Pietro, anche Giacomo, fratello di Giovanni, può essere riconosciuto al pieno titolo di fondatore, con una fondazione che - a oltre un millennio dalla sua nascita - continua a perpetuarsi nella storia con rinnovata vitalità, dando così conferma storica all’argomento biblico della fondazione sulla base significativa e profetica del mutamento di nome.

4.         Una fondazione su Giovanni?

La questione si ripropone a tal punto con Giovanni, valendo anche per lui la medesima domanda: conosce forse la storia una fondazione posta sul suo ‘nome’, una fondazione storicamente visibile e riconoscibile e tale da potersi degnamente affiancare alla fondazione petrina e alla fondazione jacobea?
La risposta non presenta difficoltà o incertezze essendo evidentemente negativa. E non meno immediate e gravi possono apparire le conseguenze, ossia, la ‘messa in crisi’ radicale dell’argomento sul valore di fondazione annesso al mutamento di nome.  Valido per la ‘triade di fondazione’ dell’Antica alleanza: Abramo, Isacco e Giacobbe; valido per Simone nel nuovo nome Pietro e per il fratello Giacomo nel nuovo nome Boanērgés, l’argomento sembra cedere con Giovanni che pur condivide con il fratello maggiore il medesimo nome nuovo.
Se da un lato è da riconoscere - al momento attuale - lo stato critico della questione, d’altro lato è da osservare che la questione di una fondazione giovannea, nelle sue eventuali e remote condizioni di possibilità, presenterebbe una nota di singolare atipicità che non la allineerebbe, per questo, al carattere comune di ‘visibilità storica’ delle precedenti fondazioni.
Si tratta infatti della sua chiara collocazione in diretto rapporto con la parusia o secondo avvento del Cristo. La profezia di Gv 21,22 enuncia infatti un restare (meno) di Giovanni in rapporto al venire (erchomai) di Cristo («Se voglio che lui resti mentre io vengo, a te che importa?»).
Assumendo dunque come referenziale questa stessa profezia cristologica, la forma di presenza e di permanenza di Giovanni in essa  significata troverebbe il suo punto di innesto non già nell’arco storico e temporale della Ecclesia, bensì in quella che potrà dirsi un’ora storica di raggiunta maturità per la Ecclesia e di avvio al suo compimento ovvero al suo «porto escatologico» (Paolo VI).
Se questo il punto di inserimento, allora potrà trovarsi ragione del fatto che in tutto l’arco storico temporale della Ecclesia trascorso non si sia trovata traccia di un progetto giovanneo e di una conseguente fondazione.
Non si è trovata traccia semplicemente perché non risulta essere questo il tempo e il luogo dell’appuntamento della fondazione giovannea con la storia, appuntamento posto non ‘in itinere’ bensì al compimento.
Se dunque, anche con Giovanni, l’argomento del valore di fondazione annesso al mutamento di nome non si può dire risulti compromesso, d’altro lato è da ammettere che la fondazione giovannea, alle condizioni attuali, può solo essere attestata ed enunciata come profezia una volta riconosciuta la sua fondamentazione biblica, una profezia che i ‘segni dei tempi’ sembrano tutt’altro che sfavorire o allontanare, nel riconoscimento della sua progettualità e provvidenzialità nel piano della historia salutis.



 Indice

Introduzione
1.            Michelangelo e la consegna delle chiavi di Pietro
2.            Una chiamata «un poco oltre»
3.           Giovanni, teologo dell’Io Sono accanto a Pietro
4.           Una «fondazione giovannea»?
Nota    La questione giovannea in Gioacchino da Fiore: un richiamo


 PARTE I 

TRACCE BIBLICHE
DI UNA FONDAZIONE GIACOMO-GIOVANNEA


SEZIONE I

L’IMPOSIZIONE DI NOME NUOVO
A SIMONE, GIACOMO E GIOVANNI

SIGNIFICATO BIBLICO E CONSEGUENZE
NELL’ORDINE DELLA ‘FONDAZIONE’


   Capitolo I                                                                                                              
CHIAMATA E MUTAMENTO DI NOME                                                
§ 1.         La chiamata dei dodici e il mutamento di nome
alla ‘triade’ Simone, Giacomo e Giovanni
§ 2.        L’imposizione di nome nuovo,
               profezia e investitura di fondazione
§ 3.        I casi di mutamento di nome nell’AT
               e la conferma al valore di ‘fondazione’
§ 4.        I casi di mutamento di nome nel NT
e la sfida all’argomento sul valore di ‘fondazione’

  Capitolo II                                                                                                             
LA ‘TRIADE’ PIETRO - GIACOMO - GIOVANNI
§ 1.         «Comuni»
a.  Testimoni della trasfigurazione e comuni nell’adombramento
b.  Testimoni della resurrezione della figlia del capo della Sinagoga
c.  Testimoni e confidenti dell’agonia nel Getsemani
d.  Suscitano il ‘discorso escatologico’
§ 2.        Le «tre colonne»
§ 3.        Successività della chiamata dei due fratelli in rapporto a Pietro
e distinto valore significativo della rinuncia

  Capitolo III                                                                                                           
PIETRO E LE MEDIAZIONI DI GIOVANNI
§ 1.         Pietro, testimone primario del ‘Cristo’,
testimone secondario dell’Io Sono (Egō Eimi)
§ 2.        Il disagio di Pietro
nella manifestazione del Cristo-Io Sono sulle acque
§ 3.        La mediazione di Giovanni all’ultima cena
§ 4.        La corsa al sepolcro
§ 5.        La mediazione di Giovanni nel riconoscimento del Risorto-Io Sono
al mare di Tiberiade
§ 6.        L’excessum di Pietro
§ 7.        Giovanni a fianco di Pietro nel kérigma del Nome e dello Spirito
a.   Nell’episodio della guarigione dello storpio «nel Nome» 
b.   In rapporto al «dono dello Spirito Santo»


SEZIONE II
IL NOME NUOVO «BOANÊRGÉS»
E IL SUO SIGNIFICATO BIBLICO

  Capitolo IV                                                                                                            
IL NOME NUOVO BOANÊRGÉS
§ 1.         Lo stato d’empasse dell’esegesi
e la comune proposta interpretativa
§ 2.         L’analogia con la chiamata e mutamento di nome di Simone
§ 3.        I punti d’appoggio dell’ordinaria proposta interpretativa
in senso ‘caratteriale’
§ 4.        Quadro complessivo dell’identità dei due fratelli
§ 5.        Approccio alla questione interpretativa 
§ 6.        Sul concetto biblico di ‘tuono’ 
               e il suo valore teofanico
§ 7.        Giovanni, teologo del tuono
a) Nel Vangelo
b) In Apocalisse: il tuono dal trono
§ 8.        L’associazione voce-tuono e la dischiusura
di significato del nome nuovo «Figli del tuono»
§ 9.        Prime indicazioni sulla natura della fondazione
§ 10.      Definizione di identità sul piano della potenza
§ 11.       Definizione di identità sul piano metastorico
§ 12.      ‘Assimilazione di spirito’ retrospettive:
Melchisedek, Elia e David   

  Capitolo V                                                                                                              
RICONSIDERAZIONE DEI TESTI
RELATIVI ALLA CHIAMATA DEL «FUOCO DAL CIELO»
E AL «SEDERE ALLA DESTRA E SINISTRA NEL REGNO»
A.           Il testo di Lc 9,51-55 relativo alla chiamata del «fuoco
dal cielo»
§ 1.         L’«andare a Gerusalemme»
§ 2.        La chiamata del fuoco dal cielo


B.           Il testo di Mt 20,20-23 e parall. Mc 10,35-40:
il «sedere alla destra e  alla sinistra nel regno
/ nella gloria»
§ 3.        La forza della richiesta
§ 4.        L’oggetto della richiesta
§ 5.        Il fondo davidico ed escatologico della richiesta
a) Il fondo davidico
b) Il fondo escatologico
§ 6.        La risposta di Gesù

Sezione  III

VERIFICA SUL PROGETTO DI UNA
FONDAZIONE GIACOMO-GIOVANNEA


A) LA FONDAZIONE SU GIACOMO

Premessa
 Capitolo VI                                                                                                          
GIACOMO «FIGLIO DEL TUONO»
E LA SUA FONDAZIONE POSTUMA
§ 1.         Cenni biografici 
§ 2.        Il suo orientamento “ad occidente”
§ 3.        La Stella sul sepolcro e la nascita della città
§ 4.        Il culto dell’apostolo
§ 5.        Il «Cammino di Santiago», «Cammino delle Stelle»
§ 6.        Conferma del ruolo di fondatore per Giacomo Boanêrgés   
§ 7.        Giacomo, apostolo senza “parola”
§ 8.        Giacomo, apostolo della “Voce”
e la risonanza postuma del «figlio del tuono»
§ 9.        Ritrovamento di significato del nome nuovo Boanêrgés
§ 10.      Tipologia pentecostale della fondazione jacobea
§ 11.       Giacomo all’origine del “Pilar”.
§ 12.      Il Pilar e «il miracolo incomparabile»
§ 13.      Richiami conclusivi


 Capitolo VII                                                                                          
GIACOMO E L’‘ALTRO GIACOMO’
§ 1.         L’’altro Giacomo’, colonna come Giovanni e accanto a lui
Nota  su Giacomo e l’altro Giacomo
§ 2.        Tratti significativi
§ 3.        Il primato di Giacomo nella Chiesa primitiva
e nella letteratura apocrifa
§ 4.        Giacomo e l’‘altro Giacomo’: gli accenti specifici di identità
in rapporto al kérigma e alla fondazione
§ 5.        L’‘altro Giacomo’ e Giovanni

B) LA FONDAZIONE SU GIOVANNI

Premessa
Assenza storica di una «Fondazione giovannea»

 Capitolo VIII                                                                                       
GIOVANNI, L’‘AMATO’
§ 1.         Giovanni, «fratello di Giacomo»
              e ultimo della triade
§ 2.        Il discepolo amato
§ 3.        L’amato che «giace nel seno»

Excursus teologico 
Giovanni teologo  dell’«Io Sono» e del «Sono Io»


 Capitolo IX                                                                                           
GIOVANNI, TEOLOGO DELL’«IO SONO»
§ 1.          La «manifestazione del Nome»
sintesi unificante della cristologia giovannea
               A)  L’Io Sono nel kérigma pre-pasquale
§ 2.        L’Io Sono attestante la natura divina
e inclusivo del mistero di morte-resurrezione
§ 3.        L’Io Sono attestante l’identità messianica
§ 4.        Le identificazioni nell’Io Sono in forma predicativa
               B)  L’«Io Sono» nel kérigma post-pasquale
§ 5.        La manifestazione del Risorto-Io Sono
come «Colui che E’»
§ 6.        Il Risorto-Io Sono ovvero «Il Vivente»

 Capitolo X                                                                              
GIOVANNI, TEOLOGO DEL «SONO IO»
§ 1.         «Io Sono» (Egō Eimi) e «Sono Io» (Eimi Egō):
una distinzione basilare nella teologia giovannea
§ 2.        I testi
§ 3.        La costante: «dove  Sono Io»   

 Capitolo  XI                                                                            
L’«ESSERE E RESTARE» GIOVANNEO
SUL PARADIGMA VT DEL “NOME E MEMORIALE”
§ 1.         L’«Essere-Restare» sul paradigma «Nome e Memoriale»
§ 2.        Il paradigma EssereRestare
               in contesto pneumatologico
§ 3.        Il Restare statico e le sue associazioni dinamiche
a) L’archetipo della Lucerna  
b) Restare ed Operare
§ 4.        Riconsiderazione del paradigma

 Capitolo XII                                                                           
SUL PROGETTO
DI UNA «FONDAZIONE GIOVANNEA»
prime indicazioni
§ 1.         Il restare giovanneo e il progetto conseguente
§ 2.        Il restare di Giovanni e il venire di Cristo
§ 3.        Il paradigma venire-restare
§ 4.        Il paradigma venire-restare nella dinamica della folgore
§ 5.        Assimilazione pneumatologica della fondazione giovannea


 PARTE  II   

IL FONDO VETEROTESTAMENTARIO
E LA «PROMESSA DAVIDICA»

Introduzione


 Capitolo XIII                                                                                       
L’ALLEANZA E LA PROMESSA DAVIDICA
DALL’AT ALL’APOCALISSE
§ 1.        Le remote origini dell’Alleanza davidica
§ 2.        Nome, elezione e profilo carismatico
§ 3.        La Promessa messiaica della perpetuazione della Casa davidica
§ 4.        Alleanza eterna e perpetua sul fondamento esemplare remoto
del Nome e Memoriale
§ 5.        Il «Giuramento di Jahwè», fondamento prossimo dell’Alleanza
e Promessa davidica
§ 6.        Il Giuramento di Jahwè
relativo al carattere messianico della Promessa davidica
§ 7.        David, ‘fondatore’ nel suo nome
§ 8.        La profezia messianica sulla «Radice» davidica
               a) Assimilazine pneumatologica
               b) Gli attributi dello Spirito che «resta»
§ 9.        La questione del settimo attributo:
il «restare» dello Spirito settenario
               a) Il candelabro a sette bracci (menorah)
b) La settimana ebraica
§ 10.      Dalla Radice al Germoglio:
               il corso storico dell’eredità davidica
§ 11.       I «Figli dell’olio», eredi davidici e restauratori del tempio
§ 12.      Le due Pietre dei «Figli dell’olio»
a) Zorobabele e la «Pietra di testata»
b) Giosuè e la Pietra del Settenario
c) Considerazioni conclusive
§ 13.      Il compimento della Promessa davidica in Cristo
               e nell’oltre dell’Apocalisse

 Capitolo XIV                                                                          
LA «CITTÀ DI DAVID»

 

E LA SUA CARATTERIZZAZIONE TEOLOGALE E MESSIANICA
§ 1.         David erede di Melchisedek e della «sua Città»
§ 2.        La «Città di David» nella sua corrispondenza
con il «Presidio di Sion»
§ 3.        La «Città di David» nell’AT e il suo definirsi in rapporto all’Arca,
al Nome e alla Promessa messianica
a) In rapporto all’Arca
b) In rapporto al Nome
c) In rapporto alla Promessa messianica:
   Città natale del Messia 

 Capitolo XV                                                                           
LA «CITTÀ DI DAVID»
IN PROSPETTIVA ESCATOLOGICA:
«CIVITAS DEI VIVENTIS»
§ 1.         La «Grande Madre» (Sal 87), fondazione di rigenerazione
per tutte le genti, segnatamente pagane
§ 2.        «Città del Dio Vivente» e il tema della vivificazione
§ 3.        La Città posta sul fondamento della Pietra Angolare,
               oggetto di mutamento di nome

 Capitolo XVI                                                                          

LA «CASA DI DAVID»

E LA PROMESSA DELLA SUA PERPETUITÀ

§ 1.         Il progetto davidico di edificazione della
«Casa al Nome di Jahwè»
§ 2.        L’inversione del progetto
e la profezia sulla «Casa di David»                    
§ 3.        La risposta di David
e il richiamo all’Adam prototipico
§ 4.        La «Legge di Adam» nella sua corrispondenza
con la Casa davidica (2 Sa)
§ 5.        L’«Adam che emana e ascende» (1 Cr)
               e il riferimento all’immagine della Lucerna
§ 6.        La Lucerna, immagine della Casa davidica
§ 7.         Salomone, edificatore della «Casa al mio Nome»;
              caduta del Regno e continuità della ‘lucerna’

 Capitolo XVII                                                                                                 
LA RESTAURAZIONE DELLA CASA DAVIDICA
NEI PROFETI MINORI        
§ 1.         La profezia di Amos
§ 2.        La ripresa della profezia di Amos da parte di Giacomo
§ 3.        La profezia di Zaccaria e Gioele


 PARTE III 

LA PROMESSA DAVIDICA
ALLA CONFLUENZA CON LA “FONDAZIONE GIOVANNEA”

E FINALI ACCOSTAMENTI TRA PIETRO E GIOVANNI
Sezione  Ia

LA PROMESSA DAVIDICA
ALLA CONFLUENZA CON LA “FONDAZIONE GIOVANNEA”


 Capitolo XVIII                                                                                     
DAVID E GIOVANNI:
LE ‘ASSIMILAZIONI DI SPIRITO’
§ 1.         I due ‘amati’ e la comuni virtù pneumatologiche
§ 2.        I due teologi del Nome e del Regno
§ 3.        Il tema comune della Casa, della Dimora, del restare
§ 4.        La comune lungimiranza sul mistero di resurrezione
§ 5.        Il comune sguardo su Gerusalemme,
               quale città delle promesse messianiche

 Capitolo XIX                                                                                         
DAVID, GIACOMO E L’‘ALTRO’ GIACOMO:
LE ‘ASSIMILAZIONI DI SPIRITO’
§1.          David e Giacomo Boanêrgés,
               la Gerusalemme ecumenica, l’Arca e la Stella
§ 2.        David e l’‘altro’ Giacomo di stirpe davidica

Conclusione generale
sulla questione della Promessa davidica
nella sua confluenza con la Fondazione giovannea


Sezione  IIa

FINALI ACCOSTAMENTI TRA PIETRO E GIOVANNI

 Capitolo XX                                                                           
CHIESA E REGNO,
PIETRA E ‘PIETRA ANGOLARE’
§ 1.         David e Pietro, Regno e Chiesa:
               una presenza e un’assenza in Apocalisse
§ 2.        Assilmilazione litica del fondatore:
Pietro - Pietra nella fondazione della Ecclesia
§ 3.        Pietra e Pietra angolare quali
basi rispettive della Fondazione petrina e giovannea
§ 4.        La Pietra angolareedotta’ dalla stirpe davidica
§ 5.        Le distinte tipologie petrina e giovannea
§ 6.        Chiesa e Regno
               in rapporto alle rispettive ‘inimicizie’

 Capitolo XXI                                                                          
QUALE FONDAMENTO
PER UNA “FONDAZIONE GIOVANNEA”?
§ 1.         Il fondamento degli «Apostoli e Profeti»:
distinzione e complementarietà delle due componenti
§ 2.        Il fondamento profetico
§ 3.         Il fondamento ‘apostolico’
§ 4.        Il fondamento cristologico-essenziale della Pietra angolare

 Capitolo XXII                                                                                       

GIOVANNI E LA SUA MEDIAZIONE

IN RAPPORTO ALLA CATHEDRA PETRI
§ 1.         «Simone dunque Pietro» (Gv 21,7) nella mediazione di Giovanni
§ 2.        «E’ il Signore» ovvero «il Signore E’»
§ 3.        L’’‘ottica petrina’            e il supplemento dell’‘ottica giovannea’
§ 4.        Versioni bibliche e fedeltà ai testi
§ 5.         «Joannes ubi es?»  
Quale forma di presenza accanto a Pietro?        
§ 6.        Il debito di Pietro
               e la necessaria complementarietà del carisma giovanneo
§ 7.        La Cattedra di Pietro e il ‘banco’ di Giovanni


Sezione supplementare

  

 Excursus N. 1                                                                                                                       
LA TEOLOGIA DEL «SONO IO» IN Gv 17,24
§ 1.         Il testo e le versioni ordinarie
§ 2.        Il «voglio» come volontà di adesione
§ 3.        Quale dono?
§ 4.        L’economia supposta dal «voglio»
§ 5.        Assimilazione pneumatologica      
§ 6.        Il «Sono Io» come dichiarazione di presenza
§ 7.        «Dove Sono Io»: il «seno del Padre»
e il tema del reditus in sinu
§ 8.        Il «dove Sono Io» nel quadro di una teologia trinitaria,
luogo teologico della ‘spirazione’  dello Spirito
§ 9.        La finalizzazione dell’assimilazione al «Sono Io»
a) «... Affinché dove Sono Io essi pure Siano con Me»
b)  « ... affinché vedano la gloria (quella) mia che mi hai dato …».

  

 Excursus N. 2                                                                                                                       
SULLA CORRISPONDENZA DELLA «CITTÀ DI DAVID»
CON IL «PRESIDIO DI SION»: RIPRESA E SVILUPPI
§ 1.         Preesistenza e origine del «Presidio di Sion»
in richiamo a Melchisedek
§ 2.        Sulla natura del «Presidio di Sion»
               e le ragioni della sua corrispondenza con la «Città di David» 

__________________________________________


  Dall’ Introduzione

1.         Michelangelo e la consegna delle chiavi di Pietro

1.  Nel celebre affresco del Giudizio Universale della Cappella Sistina, Michelangelo raffigura Pietro nell’atto di consegnare le chiavi al Cristo della parusia, a significare la rimessa del mandato di pontificato a compimento del ciclo storico e temporale della Chiesa.
Con lo sguardo fisso sul Cristo, il gesto petrino di rimessa delle chiavi appare diretto, passando al di sopra del capo dell’apostolo Giovanni, raffigurato in posizione sottostante sul lato sinistro del Cristo, in forma simmetrica rispetto a Maria.
La scena michelangiolesca potrebbe offrire lo spunto per una riflessione e una verifica indubbiamente stimolante. Essa infatti potrebbe indurre la domanda se, sulla base del confronto biblico, trova conferma il gesto di Pietro in quella forma diretta ed esclusiva con cui è rappresentato, o ancora, se trova conferma, in tale circostanza, una forma di presenza di Giovanni secondaria e in certo modo ‘subordinata’ quale è quella rappresentata nell’affresco.
Effettivamente, il confronto biblico - nel caso, la finale del Vangelo dello stesso Giovanni - sembra offrire un contributo ulteriore al riguardo, attestando la presenza di Giovanni accanto a Pietro in una forma, tuttavia, ben più significativa di quella supposta dalla scena michelangiolesca.
Secondo la narrazione, a chiamare in causa Giovanni, è lo stesso Pietro subito dopo la conferma solenne del suo pontificato (Gv 21,15-17). Ciò nonostante, per una indefinita forma di attrazione, egli si volge indietro ad osservare il «discepolo che li seguiva, quello stesso che Gesù amava» (v. 20), manifestando interesse per il suo destino, tanto da osare la domanda diretta: «Signore, di questo che ne sarà?» (Gv 21,21). La domanda ottiene una risposta, o piuttosto una ‘replica’, dura e immediata:

!Ea; aujto; qevlw mevei e{w" e[rcomai,
tiv pro;" sev_ suv moi ajkolouvqei.

«Se io voglio che lui resti mentre io vengo,
a te che importa? Tu seguimi!» (Gv 21,22). 

Tradizionalmente riconosciuti difficili all’interpretazione, i termini di tale risposta lasciano comunque trasparire con sufficiente chiarezza l’allusione a quello che si potrebbe dire un progetto giovanneo, un ruolo giovanneo enunciato in rapporto alla parusia o secondo avvento di Cristo.
Al tempo stesso in cui è solennemente confermato il progetto petrino: «Pasci le mie pecore…» (v.16), a Pietro viene indirettamente enunciato un altro progetto a lui sconosciuto e  rispetto al quale la dura replica di Cristo lascia intendere che egli non sarà messo a parte, nel richiamo al limite e alla sufficienza dalla sua sequela: «A te che importa? Tu seguimi!». 
Ancora, da tali termini, sembra potersi percepire una forma indefinita di successività, di ulteriorità di questo progetto giovanneo rispetto al progetto petrino, nella decisa proiezione del primo in una prospettiva escatologica connaturalmente relativa al venire (érchomai) di Cristo, di richiamo alla categoria del Regno il cui kérigma, rigorosamente cristologico, ha attraversato e dominato tutto l’arco dei Vangeli.
Nei termini del rapporto tra Regno e Chiesa, tradizionalmente fissati nella formula «già e non ancora», la profezia del restare di Giovanni in associazione al venire di Cristo, sembra decisamente orientata in direzione del Regno, a superamento e compimento del «non ancora» del tempo della Chiesa.

2.         Una chiamata «un poco oltre»

Per una risposta tanto dura da parte di Gesù, si dovrebbe supporre che la domanda di Pietro sia mossa, all’origine, non proprio da un sentimento disinteressato, quanto piuttosto da una sorta di curiosità mista a un velato sentimento di gelosia. In tal senso si rivelerebbe pure una forma di lungimiranza di Pietro, nell’avvertenza indistinta di una forma di successività di Giovanni, di un suo possibile oltre; un oltre che diviene limite alla sua comprensione e che la risposta di Gesù viene implicitamente a confermare
Questo aspetto di ulteriorità del progetto giovanneo, lasciato intendere per la fine («mentre io vengo»), può offrire un richiamo suggestivo, in forma di ‘inclusione’, a quel «poco oltre» con cui i sinottici avevano situato, agli inizi, la chiamata di Giovanni associato al fratello Giacomo.
E’ proprio così - «un poco oltre» - che Marco e Matteo situano la chiamata dei fratelli Giacomo e Giovanni rispetto alla chiamata di Pietro:

«… E andando un poco oltre (proba;" ojlivgo),
vide Giacomo di Zebedeo e Giovanni suo fratello
... e subito li chiamò» (Mc 1,18-19 e par. di Mt 4,21).

Una lettura ermeneutica in senso meramente spaziale, corrispondente al dire ‘alcuni metri più in là’ risulterebbe, effettivamente, di remissiva povertà. Nella questione interpretativa, il dato significativo - o anche semplicemente suggestivo - sembra piuttosto essere rappresentato dalla situazione della chiamata dei  due fratelli, ulteriore rispetto alla chiamata di Simone, cosa non priva di conseguenze ermeneutiche, come in seguito sarà dato considerare.


3.         Giovanni, teologo dell’Io Sono accanto a Pietro

Tradizionalmente associato all’immagine dell’aquila per la lungimiranza e la profondità dello sguardo, Giovanni si confermerà, in tutto l’arco dei suoi scritti, nella sua vocazione pneumatologica ed escatologica: la prima, per la profonda capacità di penetrazione nel mistero, in assimilazione allo Spirito che «tutto penetra, anche le profondità di Dio» (1 Cor 2,10), la seconda, per la vocazione e missione specifica di testimone delle cose ultime, come autore dell’Apocalisse.
Ma già nei Vangeli e nelle lettere, tale vocazione si manifesta in rapporto ad un particolare ed esclusivo riferimento teologale: l’«Io Sono».
«L’Io Sono», scriveva negli anni 60 l’allora professor Joseph Ratzinger, «rappresenta la formula centrale della Cristologia giovannea». Dei quattro evangelisti, Giovanni è per eccellenza il teologo dell’«Io Sono» (!Egwv Eijmi) e non meno - come si vedrà - del «Sono Io» (Eijmi!Egwv), nella distinta pregnanza teologica delle due formule, esclusiva del suo Vangelo e debolmente avvertita dalla tradizione ermeneutica in genere.
Come sarà dato considerare, l’ottica lungimirante di Giovanni accompagna Pietro offrendo a lui provvida mediazione e complementarietà in ciò che concerne l’intelligenza relativa all’ordine pneumatologico ed escatologico; una complementarietà che potrà giustificarsi e ricondursi all’ordine proprio dei carismi nella comune chiamata alla sequela e alla comune imposizione di nome nuovo.


4.         Una «fondazione giovannea»?

Nell’accostamento finale tra Pietro e Giovanni (Gv 21,22) sembrano chiaramente emergere due distinte vocazioni, due investiture e due mandati conseguenti: il pascere di Pietro, il restare di Giovanni, la vocazione pastorale di Pietro, la vocazione pneumatologica ed escatologica di Giovanni, una distinzione questa che troverebbe ragione nella proiezione della Chiesa nell’orizzonte del Regno e che si porrebbe nell’ordine della complementarietà e del progresso del progetto salvifico.
Quanto alla profezia su Giovanni, oggetto della replica di Cristo a Pietro, con aderenza al testo greco, essa alluderebbe a una concomitanza tra il restare di Giovanni e il venire di Cristo: «Se io voglio che lui resti mentre io vengo …». E’ chiaro che un riferimento alla persona storica di Giovanni non troverebbe senso, avendo egli concluso il suo ciclo mortale tra il 98 e il 117 (sotto l’Imperatore Traiano). Se non relativa alla sua persona, la profezia di un restare (menō) di Giovanni potrà sostenersi nel riferimento implicito a un progetto giovanneo nel quale si esprima una continuità del carisma giovanneo, così come il venir meno della persona storica di Pietro non ha tolto continuità al carisma petrino e al suo progetto.
Se così fosse, inevitabili affiorerebbero e si affollerebbero le domande: c’è, nel piano provvidenziale della historia salutis, un carisma di fondazione per Giovanni che, nell’ora opportuna  del tempo della Chiesa, possa ad essa rendersi presente accompagnando e sostenendo Pietro nel suo orientamento verso il suo «porto escatologico»?
Vi sarebbero argomenti e ragioni di una fondamentazione giovannea nella Chiesa accanto alla fondamentazione petrina, tanto da osare la distinzione a sostegno del bene della complementarietà?
Vi sarebbero ragioni, quindi, di una visibilità della componente giovannea e di una sua istituzionalizzazione, oltre l’assorbimento entro la componente petrina, nell’unica e indifferenziata visibilità di quest’ultima?
Posta la collocazione del progetto giovanneo in diretto rapporto con la parusia, sarebbe prevedibile una interposizione di questo tra il compimento del mandato petrino e l’avvento della parusia?
Saranno questi alcuni degli interrogativi di fondo che la presente opera si propone di affrontare in un itinerario di riflessione che si porrà su di una linea di continuità e sviluppo rispetto alle nostre opere precedenti.


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